Verso un nuovo modello di guida delle persone: il Rebel Leader
- giuseppe de feo
- 3 gen 2021
- Tempo di lettura: 4 min

Ed Catmull, cofondatore di Pixar Animation Studios, temeva che il successo dell’azienda potesse mettere in soggezione i nuovi dipendenti, al punto tale da non porre mai in discussione le pratiche consolidate. Per ovviare a ciò, durante le sessioni di induction, racconta aneddoti a proposito di certe scelte sbagliate prese in passato dall’azienda. Sottolinea una verità elementare, ma spesso trascurata, ovvero che tutti noi commettiamo errori e che la Pixar non è perfetta. E il suo insolito candore conferisce ai nuovi assunti la licenza di cui hanno bisogno per mettere a nudo la propria curiosità.
L’esempio qui citato[1] è uno dei numerosi casi in cui vediamo manifestarsi con successo una importante innovazione sociale, che qui vogliamo presentare, considerata l’utilità che può avere nei percorsi aziendali di sviluppo e in particolare nelle difficoltà della fase attuale.
Oggi più che mai è fondamentale comprendere l’urgenza di ripensare i modelli di comportamento interpersonale e di leadership.
Non si può realizzare un nuovo sistema di governo della società, dell’economia e delle aziende restando all’interno di un modello tradizionale di leadership delle persone. L’insistere su modelli obsoleti ha portato a patologie di malessere organizzativo e individuale ben note, come demotivazione, perdita di senso, burn-out, e di cui, paradossalmente, solo la letteratura horror sembra essere in grado di narrare esaurientemente[2].
È perciò urgente la realizzazione di un nuovo paradigma, che vada con coerenza dal piano complessivo della società e dell’economia sino al livello dei singoli individui e dei loro comportamenti. Ho dedicato gli ultimi mesi di crisi pandemica ad indagare e approfondire, con l’aiuto di alcuni colleghi[3], proprio le possibilità di individuazione di un modello innovativo per le relazioni interpersonali in azienda, attraverso l’analisi e l’elaborazione del panorama della ricerca sociale e delle esperienze organizzative più avanzate. Oggi sono entusiasta di poterlo presentare alla discussione degli addetti ai lavori: leader e manager aziendali, responsabili HR e consulenti.
Questo modello fa principalmente riferimento alla proposta di Francesca Gino, Professor of Business Administration presso la Harvard Business School, in tema di Talento Ribelle.[4]
Il Ribelle non è il sistematico “bastian contrario”, non è la persona che semina confusione o vuole sempre complicare le cose semplici. Ribelli, nella accezione che adottiamo, sono quelle persone che sanno sfidare i luoghi comuni e ciò che si dà per scontato, perché innanzitutto sanno abbandonare la comodità dei comportamenti e delle abitudini routinarie.
Tutti possediamo una diffusa e naturale propensione a mantenerci fedeli ai comportamenti abituali, e questi comportamenti attivano una dinamica costante e auto-rinforzantesi con le nostre convinzioni individuali. Queste convinzioni finiscono con il collimare/colludere con il mindset collettivo delle organizzazioni di cui facciamo parte, che tendono anch’esse alla standardizzazione e alla routine. Ecco il consolidarsi di atteggiamenti individuali e ambienti collettivi refrattari all’evoluzione, e l’istituzionalizzazione di culture “forti” e, insieme, “rigide” o “bloccate”. Il Ribelle è capace di rompere questo meccanismo “bloccante”, immettendo nei sistemi l’energia del dubbio, della curiosità e della passione. Il Ribelle è un portatore di capacità e competenze costruttive e positive, in quest’epoca così complessa e ambigua, nella quale il peggior errore può essere il rifugiarsi nelle abitudini e nel già fatto, in ultima analisi nel nascondersi a se stessi.

Ci sono diversi modi di interpretare il ruolo di Ribelle ed è quindi essenziale comprenderne le diverse sfumature, attraverso il “Rebel Talent Test”, per raggiungere una maggiore consapevolezza e contribuire positivamente al successo del nostro gruppo e dell’azienda. Il questionario mira a individuare i comportamenti “ribelli” delle persone nella vita e sul lavoro e lo fa analizzando due fondamentali dimensioni: a) la capacità di ribellarsi alle pressioni esterne, cioè la misura in cui una persona combatte la tendenza a conformarsi alle opinioni, alle aspettative e alle azioni degli altri, e sfida le credenze e i ruoli stereotipati; b) la capacità di ribellarsi contro le pressioni interne, cioè la misura in cui una persona guarda al di là della propria prospettiva e abbandona la zona di comfort in favore della novità e delle sfide. L’analisi dei risultati di questo test mette in evidenza i cinque talenti del Ribelle e costruisce una mappa di quattro profili molto interessanti nella prospettiva della crescita personale e sociale.
Abbiamo inoltre individuato un set di 10 competenze che compongono l’efficacia nel ruolo, attraverso le quali si possono progettare percorsi di sviluppo e di crescita personale: infatti, grazie alla nostra lunga esperienza nel campo della management education, abbiamo costruito una specifica metodologia che consente di integrare tra loro gli strumenti formativi di tipo esperienziale in funzione degli obiettivi di sviluppo. Il set delle competenze è stato costruito sia sulla base dell’analisi del modello di Francesca Gino sia attraverso un’attenta indagine tra i modelli proposti da think tank e gruppi di ricerca internazionali a seguito della crisi pandemica. Dal punto di vista del metodo, tale costruzione si è fondata sul criterio della tendenziale complementarietà delle competenze, secondo il modello efficacemente proposto da Zenger e Folkman, perché il modello ci appare assolutamente più vicino alla realtà dell’esperienza e perché in tal modo si ottengono indubbi vantaggi in termini di progettazione dei percorsi di apprendimento. Infatti, valorizzare la complementarietà delle competenze significa individuare i modi attraverso i quali le competenze si possono reciprocamente sostenere e sviluppare - secondo logiche di statistica comportamentale - e quindi comporta anche la possibilità di utilizzare metodi di formazione originali e creativi basati sulle pratiche del cross-training.
[1] Tratto da F. Gino, Talento Ribelle, Egea 2019 [2] V. il mio post “Spunti dall'horror aziendale” https://bit.ly/3420U7x; sulle manifestazioni perverse causate dalla “società post-industriale della prestazione”, v. Byung-Chul Han, La società della stanchezza, Nottetempo, 2020 [3] Flavia Varano, HR Consultant di Baglietto & Partners, ha contribuito allo sviluppo del set di competenze di cui parlerò; Mario Baglietto, Managing Director della Società, mi ha utilmente stimolato con il pragmatismo delle sue domande. [4] Nella elaborazione della proposta ci siamo ispirati, tra l’altro, anche agli studi di Adam Grant sul giving, di Jack Zenger e Joe Folkman sulle competenze complementari e sul cross-training, di Linda Hill sulla team-leadership per l’innovazione, di Jack Zenger e Joe Folkman sulla crescita manageriale basata sui punti di forza, di Frederic Laloux descritti in Reinventare le organizzazioni, nonché al classico modello di evoluzione psicologica di Robert Kegan.
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