top of page

PARADOSSI NELLA VITA AZIENDALE - 1a parte

AVVERTENZA: La lettura delle pagine che seguono è vivamente sconsigliata a tutti coloro che vivono nella comfort zone della cultura manageriale di tendenza. Effetti collaterali: in diversi soggetti è stata rilevata l’insorgenza di tracce di disincanto e di spirito critico.

 

Mi trovavo a riflettere recentemente su come, nella mia lunga esperienza di formatore e consulente sui temi del comportamento organizzativo, abbia incontrato e continui ad incontrare sempre la stessa qualità di problemi e ostacoli. È come se, pur quando apparentemente la cultura organizzativa e i modelli correlati si evolvono, le persone incontrassero lo stesso genere di dinamiche senza riuscire ad apprendere in direzione di un cambiamento efficace.

Ho potuto individuare un tentativo di spiegazione di questo fenomeno grazie alla rilettura di un testo, datato, che occhieggiava da uno scaffale della mia libreria. Molte delle tensioni contraddittorie che animano e allietano la vita delle organizzazioni sono state individuate in questo testo colto e raffinato di più di qualche anno fa[1].

La vita delle organizzazioni, allora come oggi, è contrassegnata da una serie di tensioni e conflitti, costanti, continui, essenzialmente strutturali, che determinano alla fine situazioni anche paradossali. Il paradosso sembra essere una delle cifre distintive della vita organizzativa, della vita dei gruppi, del senso del vivere comune in un'organizzazione.

Decisamente molte sono queste tensioni e contraddizioni, quelle che chiameremo i veri e propri paradossi della vita aziendale.  Ne affronteremo qui solo alcuni, in particolare partiremo dal paradosso della identità e da quello della fiducia.

È relativamente facile introdurre il paradosso della identità nella vita dei gruppi e delle organizzazioni. Per costruire la propria identità, una persona deve integrare i numerosi gruppi ai quali appartiene. Per essere un gruppo, un insieme di individui deve integrare la grande quantità di differenze individuali rappresentate da ogni membro. Queste differenze individuali, comunque, sono strettamente collegate all'appartenenza al gruppo che gli individui portano con sé. L'identità è quindi espressa dal contrasto tra l'individuo e il gruppo per stabilire una identità unica e significativa dove ciascuno realizzi una parte integrante dell'altro.

Quando le persone approcciano un gruppo invariabilmente lottano con ciò che essi devono dare al gruppo in cambio dell'appartenenza. Allo stesso modo, un gruppo come tale spesso esprime preoccupazione riguardo al dubbio se i suoi scopi predefiniti possano essere raggiunti considerata la natura di tutti gli individui che costituiscono il gruppo stesso. (E in tutto ciò risiede la sfida per i nostri programmi attuali sulla “Diversity & Inclusion”).

Questi “dilemmi gemelli” possono condurre i membri del gruppo a guardarsi intorno per cercare dei “buoni” gruppi, e con ciò vogliono dire che la loro individualità sarà solo parzialmente compromessa.  I gruppi, d’altro canto, andranno alla ricerca di “buoni” membri, cioè persone che vogliano anteporre gli interessi del gruppo rispetto ai propri.

La fiducia poi, mette in piedi un altro meccanismo di tipo paradossale nei rapporti tra un gruppo e i suoi singoli membri.

È come se ci fosse il seguente dialogo tra ogni individuo e il gruppo, se questo potesse essere dotato di parola.

  • L'individuo chiede: Come posso essere sicuro che appartenere a questo gruppo sarà un bene per me?

  • La risposta del gruppo è: Bene, non ci sono garanzie in tal senso, ma il gruppo ha a cuore il migliore interesse dei suoi membri.

  • I: Certo! Anche io la pensavo così nell'ultimo gruppo al quale ho partecipato, ma invece finimmo tutti in un vero casino.

  • G: Ma sarà successo probabilmente perché quel gruppo era gestito male.

  • I: Bene, bene, io voglio qualche assicurazione che questo gruppo sarà differente!

  • G: Sarà differente perché ognuno ha un suo investimento nel renderlo buono e positivo.

  • I: Ma come posso esserne sicuro? Sembra come se tu, gruppo, mi stia chiedendo di fidarmi di te, ma io so che i gruppi non sono sempre affidabili. Non mi risulta!

  • G: L'unico modo che hai per scoprirlo è fidarti, perché la fiducia del gruppo è fatta dai comportamenti di fiducia dei singoli membri.

  • I: Ma se io do fiducia e gli altri non lo fanno, allora io mi troverò in un limbo - nella migliore delle ipotesi!

  • G: Guarda, l'unico modo per scoprire ciò è dare fiducia e vedere quello che succede. È semplicemente così che stanno le cose, prendere o lasciare!

È del tutto evidente come questa ricostruzione di un dialogo sulla fiducia[2] si basi su un modello negoziale paradossale, che deve molto alla teoria dei giochi e in particolare al “dilemma del prigioniero”: si mette così in evidenza questa forte tensione contraddittoria insita in un concetto così gradito alle ottimistiche ideologie neoliberiste.

A questo punto, fermandomi a considerare la natura di questi paradossi, ritengo che quelli sin qui citati abbiano una natura positiva e generativa di energie che vengono immesse nelle organizzazioni. Come tutte le tensioni dialettiche sono potenzialmente in grado di attivare processi di consapevolezza negli individui e dinamiche di crescita nei gruppi di lavoro. Mi piace considerarli come “paradossi fruttuosi”, che procurano alla fine vantaggi alle organizzazioni, una volta che sia elaborata la loro natura contraddittoria sino all’emergere di nuovi equilibri dinamici per le persone e per i gruppi. Quindi, nelle attività di sviluppo e di formazione così come nella gestione quotidiana dei processi aziendali, diamoci da fare per governare al meglio questi paradossi!

Ma nella vita aziendale incontriamo anche un altro genere di paradossi, come vedremo nella prossima puntata di questa esplorazione nel mondo delle contraddizioni organizzative.


[1] K. K. Smith, D. N. Berg, Paradoxes of group life, Jossey-Bass 1987

[2] Op. cit., p. 117

 
 
 

Comments


Post: Blog2_Post

©2020 di 21st century training man. Creato con Wix.com

bottom of page